1980-1990

Che si tratti di natura-natura o natura-uomo tutto per Gilardi passa attraverso la riflessione sul senso di morte che pervade l’attualità, ed egli sembra indicare come compito dell’arte quello di ripercorrere tutti i momenti che hanno caratterizzato la modernità fino a divenire l’unico strumento in grado di possedere ancora una comunicazione universale.La tecnologia che caratterizza il suo lavoro fa i conti con la morte del soggetto e la morte della natura, ben consapevole che solo un atto esterno, l’impulso di un circuito elettronico, potrà porsi come speranza di vita per l’intero sistema vivente, anche se all’interno di un evidente artificio. […]
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INVEROSIMILE
Particolare dell’installazione Galleria Di Meo
Parigi – 1989

[…] Forse perché la natura stessa fa molto più del semplice creare o distruggere, il nostro ruolo di iniziati nel giardino simulato di Gilardi deve anche coinvolgere lo stabilirsi del contatto con quella parte di noi stessi che più di ogni altra è in rapporto armonico con la natura.
Gilardi, dopotutto, sembra voler dire che l’aver cura del mondo nel quale viviamo e la ricerca della felicità sono due modi di avvicinare lo stesso problema – una cosa sulla quale non avremmo mai dubitato se non fossimo stati scacciati dal giardino qualche millennio fa.
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È stato, quello di Gilardi, un gesto di rottura con il mondo della tradizione artistica, con la dimensione meramente rappresentativa dell’arte, un gesto duchampiano che l’artista ha modificato dalla semplice fruizione passiva ad una attiva: in questo modo l’intelligenza umana collabora con l’intelligenza artificiale […] continua a leggere


[…] Come altri artisti di questa tendenza interessati alla tecno-ecologia, come Jurgen Claus e le sue Sun Sculptures o Otto Piene e il suo Sky Art, Piero Gilardi valorizza le qualità insostituibili del nostro ambiente utilizzando le forze della natura come modello e le nuove tecnologie per farne risaltare la forza d’espressione artistica. Che si tratti di una simulazione o di una ricreazione di elementi naturali o di una combinazione di fattori naturali e artificiali, noi ci troviamo sempredi frontea un tentativo di riconciliazione fra due termini apparentemente contraddittori: progresso scientifico o tecnologico da una parte e sopravvivenza biologica e spirituale dell’uomo dall’altra.
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Attivismo politico e sociale

[…] Gilardi realizza nella sua prassi e rende effettiva tramite il racconto l’utopia della comunità estetica come figura / anticipatrice della comunità politica. Dai suoi itinerari, Gilardi ricava l’impressione di un dato comune nella nuova attitudine dell’arte internazionale, che egli definisce “sensorialità entropica”. Si sente forte e determinante la presenza di una nuova attitudine mentale a vivere in modo individuale “dentro l’entropia”. Ma è il concetto di “arte microemotiva” – espresso in uno scritto pubblicato nel 76 da Celant come ancora inedito – quello con cui Gilardi riassume la situazione internazionale dell’arte, a partire dal ‘67: “Il riferimento che mi ha guidato nel distinguere tutte queste esperienze da altre analoghe per il meccanismo o la suggestione formale, ma di senso diverso, è il superamento della staticità del dato primario; tutto il lavoro, infatti, esprime un’idea di ‛micromovimento’ libero e individuato.
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[…] l’arte dovrebbe continuare, anche con l’uso delle nuove tecnologie, a produrre “opere” da contemplare, esecrare, sezionare, amare, odiare, ma sempre opere”. Per chi, come me, è più interessato all’uso “rivoluzionario” delle nuove tecnologie in campo
artistico, dovrebbe però essere chiaro che o queste ci aiutano a riportare l’arte alla sua originaria funzione di produzione e di diffusione di “senso” sociale, o non sono nulla. Per questo ho tanto maggiore rispetto e interesse per chi, venendo dal mondo dell’arte ufficiale, con la A maiuscola, e avendo conseguito in quel campo risultati lusinghieri, anche dal punto di vista del mercato, da vari anni persegue un progetto diverso, quello appunto di un’arte che proponga esperienze e non opere. […] Continua a leggere